Gli arancini sono probabilmente una delle prime specialità che si assaggiano arrivando in Sicilia.
Si tratta di una palla di riso farcita con mozzarella, ragù e piselli, dal gusto unico e irresistibile.
L’origine
Nascono nel periodo della dominazione saracena, quando c’era l’abitudine di mettere in tavola un vassoio di riso allo zafferano con carne e verdure. L’usanza prevedeva che i commensali appallottolassero e gustassero questa palla di riso dopo averla condito con carne d’agnello.
L’invenzione della panatura, ai tempi di Federico II, li rende inoltre una sorta di precursori dello street food, un cibo da portare nei viaggi e nelle battute di caccia.
Nel corso dei secoli si sono aggiunti ingredienti, come il pomodoro, e ci sono persino varianti dolci, preparati col cacao, crema o cioccolato. La versione più famosa rimane quella al ragù, con riso bollito, carne macinata, ragù e mozzarella. Lo zafferano? E’ consentito a Catania ma non a Palermo.
Gli arancini sono inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e rappresentano una specialità che ha reso la cultura gastronomica siciliana famosa nel mondo.
Gli arancini di Andrea Camilleri
A contribuire alla diffusione di questo fantastico piatto tipico siciliano, è stato sicuramente il grande Andrea Camilleri, attraverso il suo commissario Montalbano.
“Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa, (senza zaffirano, pi carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini ‘na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano!”
(Andrea Camilleri)
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